canenero

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Se dovessi dare un altro titolo a questa recensione potrei scegliere “solo gli stupidi non cambiano mai idea”. Non che non sia stupido, ma l’idea l’ho cambiata lo stesso. Senza troppi giri di parole, ai primi ascolti il nuovo album dei mostri sacri

Iron Maiden mi aveva fatto cagare. Troppo lungo, troppo prolisso, canzoni infinite e inconcludenti. Una vera delusione. Non ho smesso però di ascoltarlo, forse dimostrando così una certa vena masochistica ma… mi sentivo di dare fiducia a un gruppo che in passato mi aveva deluso solo rarissimamente, e che negli ultimi due dischi mi aveva piacevolmente impressionato con una buona evoluzione del proprio sound, pur all’interno dei canoni classici del metal del gruppo.

Chi aveva avuto modo di ascoltarlo da più tempo di me mi parlava di album non facile, non immediato, che saliva con gli ascolti. Ho dato fiducia a queste voci, e adesso… e adesso penso anche io che l’album dei Maiden non sia così brutto. Neanche così bello però. Un album da 6. Ovvero una grossa delusione, ma insomma… se fosse stato un debutto di qualche gruppo sconosciuto probabilmente ne avrei parlato meglio 🙂

E’ un disco che comunque ha tanti punti a favore: è “progressivo” (sempre nel contesto della musica dei Maiden, intendiamoci) quanto lo erano stati brani riuscitissimi di Dance of Death quali Paschendale; tecnicamente non perde un colpo, i Maiden non sbagliano mai, a stavolta anche la produzione è ottima, forse la migliore che abbiano mai avuto… si sentono persino le tre chitarre! Tutte e tre! E finalmente se ne capisce il senso. Inoltre Nicko McBrain dimostra qui di essere davvero un grandissimo batterista, troppo spesso sottovalutato, lavorando alla grande su dei pattern non esattamente semplicissimi. Bruce, poi, canta sempre… come Bruce Dickinson. Anche le canzoni, infine, non sono brutte (salvo la prima, che continuo a trovare orribile e che skippo praticamente sempre :D). Cosa manca quindi?

Manca un po’ di feeling. Manca il pezzo che ti fa saltare per aria e ti fa dire “senti qua che roba”! E questo spiace, perchè persino nei dischi brutti dei Maiden qualcosa del genere c’era. Manca l’immediatezza. I Maiden sono invecchiati (e nelle foto promozionali di questo disco si vede tutto :D), e capisco bene la loro scelta di non scrivere più canzoni “da giovinastri” tipo Wratchild, e di puntare su temi più adulti, su una riscoperta della lezione degli anni ’70 all’interno del loro sound, su un pubblico che – ormai è assodato – cresce, anche di età, insieme a loro.

Capisco la scelta. Non so se la condivido appieno, perchè gruppi più vecchi di loro sono invecchiati meglio (Deep Purple, ad esempio.. ma anche i Judas Priest pur con la loro scelta di ruffianeria). Ora non dirò più che il disco fa schifo. Ma allo stesso tempo.. posso smettere di ascoltarlo con l’animo in pace, consapevole di averlo valutato per quanto merita. E rimettere sul lettore il bellissimo Kiss of Death dei Motorhead 😀

Tecnica: 8

Originalità: 6+

A.P.: 5

Voto Complessivo: 6

Tracklisting:

1. Different World

  1. These Colours Don’t Run

  2. Brighter Than a Thousand Suns

  3. The Pilgrim

  4. The Longest Day

  5. Out of the Shadows

  6. The Reincarnation of Benjamin Breeg

  7. For the Greater Good of God

  8. Lord of Light

  9. The Legacy

Durata totale: 01:12:04

Line Up

– Bruce Dickinson – voce

– Nicko McBrain – batteria

– Steve Harris – basso

– Janick Gers – chitarre

– Adrian Smith – chitarre

– Steve Murray – chitarre

– Kevin Shirley – produttore