Cano

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Tipo: Libro

Titolo: L’origine perduta

Autore: Matilde Asensi

Genere: Thriller

Titolo Originale: El origen perdido

Anno: 2003

Nazione: Spagna

Pagine: 502

Casa Editrice: Sonzogno

L’origine perduta è il quarto romanzo della Asensi e segue i due best-seller Iacobus e L’ultimo Catone, mantendendosi sullo stesso stile di thriller storico/avventuroso che già ha avuto successo. Cambia tuttavia la figura del protagonista, che in questo libro non è più uno erudito ma un hacker.

La storia inizia quando Daniel, studioso di antropologia nonchè fratello del protagonista, si ritrova colpito da una malattia che gli fa credere di essere morto. Il fratello Arnau (aka Root), brillante hacker e proprietario di una delle più grandi ditte di informatica della Spagna si convince che questa malattia abbia a che fare con gli studi di Daniel su un antico popolo sudamericano, gli Aymara. Con l’aiuto di due suoi amici, Marc e Lola (conosciuti come Jabba e Proxi), Arnau si mette quindi a esaminare i documenti del fratello, scoprendo una nuova idea sulla genesi della vita e la “lingua perfetta” con il potere di “riprogrammare” gli uomini. Ma per scoprire la verità e curare il fratello, sarà necessario un viaggio fra le foreste della Bolivia.

La storia in sè non è male, le varie scoperte successive sugli Aymara sono in grado di intrattenere il lettore con facilità e la struttura della trama è solida. Il problema della storia è invece il trio dei protagonisti. Nel tentativo di fare intendere al lettore il fatto che questi sono grandi hacker, l’autrice forza molte descrizioni con similitudini informatiche anche fuori luogo che appesantiscono il libro. Quello che secondo me è il peggiore esempio è a pagina 122:

Ad attirare la mia attenzione fu, in primo luogo, un disegno in cui si vedeva Viracocha (nel quechua di Guaman, Vari Vira Cocha Runa) vestito di foglie sotto un sole brillante dal volto gioviale, simile a una di quelle faccine, dette smiley o emoticon, che circolano nella rete per rappresentare, in modo rapido e semplice, con segni di punteggiatura, stati d’animo o comportamenti.

Quale programmatore dovrebbe spiegare a se stesso, nei suoi pensieri, cosa è un’emoticon? Spezzoni del genere non sono rari nel libro e ne risultano totalmente fuori luogo. Inoltre, le grandi abilità di hacking tanto celebrate dei protagonisti non risultano poi veramente utili ai fini della storia.

Un mezzo passo falso di un’autrice che ci aveva abituato bene.

Voti:

  • Storia: 7
  • Personaggi: 5
  • Originalità: 6 12
  • Apprezzamento Personale: 5 12
  • Voto complessivo: 6

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