Lepaca Kliffoth

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Il petroliere

Tipo: Film

Titolo: Il petroliere

Genere: Drammatico

Regia: Paul Thomas Anderson

Autore(film): Paul Thomas Anderson

Tratto da: libro Oil! di Upton Sinclair

Cast: Daniel Day-Lewis, Barry Del Sherman, Russell Harvard, Paul F. Tompkins, Kevin Breznahan, Jim Meskimen, Paul Dano, Kevin O’Connor, Dillon Freasier ed altri

Produzione: Ghoulardi Film Company, Paramount Vantage, Miramax Films

Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Italia

Nazione: U.S.A.

Data di uscita: 15 Febbraio 2008 (cinema, al momento della scrittura di questa recensione ancora in sala al Vis Pathè fino al 13 Marzo compreso)

Sito ufficiale: http://www.paramountvantage.com/blood

Sito italiano: http://www.bvimovies.com/it/twbb/index.html

Nell’America ancora economicamente giovane di fine 1800/inizio 1900 un petroliere ed un evangelista combattono, ciascuno a suo modo, per conquistare ciò che per loro ha più valore. Uno dei migliori film tra quelli che hanno partecipato alla corsa per gli oscar.

Inizio questa recensione mettendo subito in chiaro una cosa: il titolo originale di questo film, There will be blood (“Ci sarà sangue”, o meglio ancora “Scorrerà il sangue”) è uno dei meglio scelti e più significativi che abbia mai letto; unito alla prima parte del film, aiuta a stabilire la dualità tra sangue, simbolo della vita, e petrolio, simbolo del denaro e del potere, che continua poi a ripresentarsi per tutta la durata del film – chi lo ha già visto dovrebbe aver capito immediatamente a cosa mi riferisco. Chiunque sia responsabile della scelta del titolo italiano Il petroliere è un gigantesco idiota e dovrebbe essere multato, licenziato e messo a lavorare in un campo più consono alle sue capacità mentali, ad esempio la gingillometria.

There will be blood è – o meglio, “avrebbe dovuto essere” – la storia di due uomini malvagi ed al di là di ogni possibile redenzione. Il primo, Daniel Plainview, impersonato da Daniel Day-Lewis, inizia il proprio percorso nel Texas deserto, dove scava in cerca di oro e argento. Li trova, ma trova anche qualcosa di molto più prezioso: petrolio, fiumi di petrolio che lo rendono ricco in breve tempo. Senza esitazioni e soffocando rimorsi e lotte interne che affioreranno sul suo volto solo durante la seconda parte del film, Daniel promette, seduce e prevarica; si apre una strada pavimentata da contratti d’acquisto e di leasing che va da un piccolo villaggio situato sopra un accumulo di petrolio gigantesco verso l’oceano e che porta il petrolio verso le navi e la sua vita verso lo sfacelo. Maggiore è il potere che Daniel conquista, peggiore diventa la sua condizione, finchè di lui non resta che un guscio svuotato di ogni ambizione e speranza e riempito di odio e di rimpianti.

Daniel non è l’unico a correre sia verso il potere e la ricchezza che verso la propria distruzione; la sua figura rappresenta il tipo di persona al quale l’America deve buona parte della crescita economica di inizio Novecento, ma il petrolio non era l’unico mezzo attraverso il quale si poteva conquistare il potere. Finito il primo atto, viene subito introdotto un nuovo, importante personaggio: Eli Sunday, giovane evangelista invasato interpretato dallo stranissimo e carismatico attore Paul Dano, costruisce la propria ascesa al potere come Daniel, basandola sull’inganno e sulla seduzione dei semplici e dei deboli. Inizialmente si contrappone a Daniel come sua antitesi, il bianco della moralità contro il nero del petrolio, finché la storia non sembra sul punto di prendere la strada ormai consumata del conflitto fra bene e male; ma proprio quando lo spettatore sta per perdere la speranza, una delle scene più forti e sorprendenti del film forza un cambiamento di direzione che porterà dritto verso l’inevitabile finale. O meglio, che “avrebbe dovuto” portare verso il finale.

Il regista Anderson ha alle sue spalle una storia piuttosto lunga di film recitati estremamente bene e diretti benissimo o addirittura quasi alla perfezione, ma tragicamente menomati da uno o più difetti di enormi proporzioni. Il suo film più famoso, Magnolia, è un esempio perfetto: non un attore che si trovi anche solo di un capello al di sotto del proprio massimo, momenti a dir poco indimenticabili, una regia che colpisce un punto talmente alto che chiedere di più sarebbe da sciocchi e, unito ed in contrapposizione a tutto ciò, stridente come unghie su una lavagna, il difetto peggiore che un film può avere: ogni singolo personaggio è poco più di una caricatura. Lo spettatore che ha guardato il film con occhio critico se ne va esaltato dai numerosi momenti di squisita follia (chi non ricorda l’evento biblico che si manifesta in un sorprendente colpo di genio artistico e tecnico subito prima dell’epilogo?) ed amareggiato per la mancanza di sviluppo dei personaggi e per la loro costruzione mediocre, che la performance fantastica degli attori non riesce a cancellare.

E’ un vero peccato che anche in There will be blood Anderson abbia mantenuto questa triste tradizione. Si tratta di un film che avrebbe potuto essere “perfetto” (perdonatemi il termine) grazie a molte cose. Innanzitutto, regia e fotografia non perdono mai l’occasione di valorizzare un personaggio o un paesaggio, che si tratti di un’espressione facciale o di un albero in mezzo alla polvere poco importa: Anderson ed il suo direttore della fotografia Robert Elswit hanno fatto un lavoro eccellente. Gli attori, come negli altri film di Anderson, sono assolutamente fenomenali; Paul Dano è talmente convincente che sembra sia uscito da un documentario sulla Bible Belt, Day-Lewis si immedesima nel personaggio tanto bene quanto Tommy Lee Jones in Non è un paese per vecchi, usando fra l’altro un accento ed un modo di parlare molto particolari (ed entrambi ovviamente andranno a farsi benedire per via della traduzione, quindi per favore guardatelo in inglese, ok?). La colonna sonora, scritta dal chitarrista dei Radiohead, è molto bella e di effetto. Tutti questi elementi crescono nello spettatore che si sente sempre più trascinato; l’introduzione di Eli Sunday sembra come accelerare il film, imponendogli una nuova direzione che viene presto cambiata di nuovo dallo stesso personaggio. Poi, il fallimento.

Eli sparisce.

Anderson, come innamoratosi di Day-Lewis, abbandona Eli Sunday durante la parte più importante della sua vita, riprendendolo solo una ventina di anni dopo per mostrare il suo capolinea assieme a quello di Daniel Plainview. Day-lewis con la sua interpretazione domina lo schermo per quasi tutto il film ed Anderson usa tutto quel tempo per un lungo e dettagliato studio di un personaggio decisamente interessante; ma la storia resta sbilanciata, essendo stata prima impostata sulla contrapposizione di due poli opposti – virtù e sete di denaro – e poi privata proprio di uno di quei due poli. Lo sbilanciamento è tale da far sembrare il finale del tutto scardinato dal resto del film quando sarebbe stato perfettamente naturale e molto bello se solo Anderson non avesse deciso di trasformare mezzo film in una specie di one man show.

There will be blood è un bellissimo film, come Magnolia. Come Magnolia ha almeno un pesantissimo difetto, ma dovreste andare a vederlo lo stesso: è uno dei pochi film recenti dove gli attori e i registi di Hollywood hanno dato del loro meglio.

Effetti visivi9

Regia – 10

Audio – 9

Storia – 7

Character – 8

Soltanto due personaggi memorabili per un film di due ore e mezzo sono pochi. E pensare che uno dei problemi di Magnolia è che di personaggi ce ne erano troppi -_-”

Apprezzamento Personale – 7

Voto complessivo – 8